lunedì 17 agosto 2009

I militari, la ricerca scientifica e l'intelligenza politica

Il testo che segue è stato scritto da Albert Einstein nel 1947 ma sembra scritto ieri. Vorrei che l'intelligenza e la lungimiranza di Einstein appartenessero ai politici della terra ma temo che aspetteremo ancora molto, prima di trovarne qualcuno in grado di guidare le sorti del mondo con onestà e coraggio.
Li abbiamo visti crescere, invadere ogni nostro spazio, adesso anche i nostri cieli, intromettersi nella ricerca scientifica in maniera inaccettabile. Sono i maggiori inquinatori al mondo, di loro però non si parla mai e, al minimo cenno, vengono sovvenzionati dalla politica perchè possano aggiungere altro inquinamento a quello già esistente. Sto parlando dei militari. Ora, vogliono "appropriarsi" anche dei cambiamenti climatici, seminando il terrore che davvero un presunto riscaldamento globale possa generare scenari apocalittici e condurci tutti alla morte, in un crescendo di disastri e guerre.
Forse, dovremmo far pressione presso i nostri politici affinchè certe pretese non vengano minimamente prese in considerazione. Dando potere al complesso militare industriale, siamo arrivati alla "guerra preventiva" e a tutte le altre aberrazioni alle quali abbiamo assistito in quest'ultimo decennio. E' ora di fermarsi. Dopo Einstein, altri ci avevano avvertito e avevano previsto tutto ma la politica ha preferito fare orecchie da mercante.

einstein L'intrusione dei militari nella scienza
di Albert Einstein (1947)

La mentalità militarista

Mi sembra che il punto nodale della situazione stia nel fatto che non possiamo considerare il problema che abbiamo davanti come isolato. Prima di tutto, ci si potrebbe porre la seguente domanda: da adesso in poi le istituzioni culturali e per la ricerca dovranno essere sempre più sostenute da fondi statali, dal momento che, per varie ragioni, le fonti private non saranno sufficienti. È forse ragionevole affidare ai militari la distribuzione dei fondi prelevati per questi scopi dal contribuente? A questa domanda ogni persona assennata risponderà di sicuro: «No!» Perché è evidente che bisognerebbe affidare il difficile compito della più benefica elargizione a persone la cui preparazione e il cui lavoro di una vita testimonino della loro competenza scientifica e culturale.

Se nondimeno certe persone ragionevoli insistono per affidare ad agenzie militari la distribuzione di una parte sostanziale dei fondi disponibili, la ragione di ciò sta nel fatto che subordinano gli interessi culturali alle loro opinioni politiche generali. Dobbiamo quindi focalizzare la nostra attenzione su tali convinzioni politiche concrete, sulle loro origini e sulle loro implicazioni. Così facendo, non ci resterà che ammettere presto che il problema in discussione non è che uno dei tanti, e che lo si può analizzare appieno e valutare in modo adeguato solo inquadrandolo in un contesto più ampio.

Le tendenze cui abbiamo accennato sono qualcosa di nuovo per l'America. Esse cominciarono ad affiorare quando, per effetto delle due Guerre Mondiali e della conseguente concentrazione di ogni energia su un obiettivo di tipo militare, prese a svilupparsi una mentalità prevalentemente militarista, che si è andata ancor più accentuando con la quasi improvvisa vittoria. Il tratto tipico di questa mentalità è che la gente attribuisce a quello che Bertrand Russell chiama in modo così efficace «potere nudo» un'importanza di gran lunga superiore a quella riservata a tutti gli altri fattori influenzanti le relazioni tra i popoli. I tedeschi, fuorviati in particolare dai successi di Bismarck, subirono esattamente questo tipo di mutamento di mentalità, in conseguenza del quale conobbero una rovina completa in meno di un centinaio di anni.

Devo francamente confessare che la politica estera degli Stati Uniti dalla cessazione delle ostilità mi ha ricordato, in modo irresistibile, l'atteggiamento della Germania sotto il Kaiser Guglielmo II, e so che che la stessa analogia è venuta in mente con acuto dolore anche ad altri, indipendentemente da me. È tipico della mentalità militarista considerare essenziali i fattori non-umani (bombe atomiche, basi strategiche, armi di ogni sorta, il possesso di materie prime ecc.) e ritenere invece trascurabile e secondario l'essere umano, i suoi desideri e pensieri, in breve i fattori psicologici. Qui si riscontra una rassomiglianza con il Marxismo, almeno finché se ne tiene unicamente presente il lato teorico. L'individuo è degradato a mero strumento; egli diventa «materiale umano». Con concezione simile i normali fini delle aspirazioni umane svaniscono. Al loro posto, la mentalità militarista eleva il «potere nudo» a fine in sé, uno dei più sconcertanti inganni a cui gli uomini possano soccombere.

Nel nostro tempo la mentalità militare si è fatta ancora più pericolosa che in passato perché le armi offensive sono diventate molto più potenti di quelle difensive. Perciò essa conduce di necessità alla guerra preventiva. L'insicurezza generale che ad essa si accompagna porta a sacrificare i diritti civili del cittadino al presunto bene dello stato.

Appaiono inevitabili la caccia politica alle streghe, controlli di ogni sorta (per es., il controllo dell'insegnamento e della ricerca, della stampa e così via), e, per questa ragione, essi non incontrano quella resistenza popolare che, non fosse per la mentalità militarista, costituirebbe una protezione. Si assiste a un graduale riassestamento di tutti i valori in quanto tutto ciò che non serve in modo esplicito i fini utopici è considerato e trattato come inferiore.

Non vedo altra via d'uscita dalle condizioni imperanti che una politica perspicace, onesta e coraggiosa, tesa a fondare la sicurezza su basi sovrannazionali. Speriamo che si troveranno individui sufficienti per numero e per forza morale, atti a guidare la nazione su questa strada, finché le circostanze esterne le attribuiranno un ruolo di guida. Allora problemi come quelli descritti cesseranno di esistere.