lunedì 3 gennaio 2011

Ron Kovic, autore di "Nato il 4 Luglio", lancia un appello per la pace

Alzate la vostra voce, Protestate, Fermate queste guerre

di Ron Kovic
truthdig.com

march-forward

Quello che segue è un appello personale di Ron Kovic, veterano della guerra in Vietnam e autore di "Nato il 4 Luglio", ai veterani di guerra dell'Iraq e dell'Afghanistan e ai membri in servizio. Kovic ha pubblicato l'appello il 12 dicembre 2010, per portare ancora più veterani e soldati nella lotta contro la guerra e per sostenere il lavoro di March Forward! Per saperne di più su March Forward! visitate il loro sito a questo indirizzo.

Come ex sergente di fanteria del Corpo dei Marines degli Stati Uniti colpito e paralizzato da metà torace in giù il 20 gennaio 1968, durante il mio secondo tour di servizio in Vietnam, e come uno che ha vissuto con le ferite di quella guerra per oltre 40 anni, vi scrivo questa lettera per chiedervi di unirvi a me, mentre inizia una nuova fase critica nel crescente movimento anti-guerra.

Molti di voi hanno già prestato servizio in azioni multiple in Iraq e in Afghanistan. Tornate  a casa ora dopo quasi 10 anni. Molti hanno cominciato a mettere in discussione, a dubitare di queste guerre e dei nostri leaders. Più di 2 milioni di voi hanno servito con onore in entrambi i teatri di conflitto. Anche se ci separano molti anni, noi siamo fratelli e sorelle.

Anche se abbiamo combattuto in conflitti lontani dal punto di vista generazionale, siamo stati tutti nello stesso posto. Noi sappiamo cos'è la guerra. Abbiamo capito, e per molti di noi, la nostra vita non sarà mai più la stessa. In molti modi, noi rappresentiamo una forza molto potente nel nostro paese, un'alta motivazione morale, spirituale e politica che è inacontestabile, una possibilità di trasformare la nostra nazione che è innegabile. Nessuno conosce la pace o la preziosità della vita meglio dei soldati che hanno combattuto in guerra, o ne sono stati colpiti direttamente, la madre di un figlio che è morto, una moglie che non rivedrà mai suo marito, un bambino che non avrà mai un padre, un padre che non rivedrà mai più suo figlio.

Perché siamo noi che viviamo con le cicatrici fisiche ed emotive della guerra, e che viviamo con queste ferite ogni giorno e ne sentiamo il peso e il dolore ogni mattina. Siamo noi che abbiamo camminato e girato sulle sedie a rotelle per le strade del nostro paese e abbiamo visto i bambini che ci guardano e si chiedono perché. E siamo noi che gridiamo adesso per il futuro, per un mondo senza guerra.

Noi siamo i promemoria di ciò che la guerra può fare, di come può ferire e dare dolore, e svilire tutto ciò che è buono e umano. Lottiamo ogni giorno per credere in una vita che ci è stata quasi strappata. Sappiamo che anche se abbiamo perso, anche se  parti del nostro corpo mancano, anche se non siamo in grado di vedere o sentire, noi siamo uomini e donne importanti, con importanti lezioni da insegnare, con  cose importanti da condividere.

Quelli di noi abbastanza fortunati da essere sopravvissuti al combattimento, adesso anelano alla vita, alla bellezza, a  tutto ciò che è decente e buono, perché in guerra abbiamo visto il peggio dell'essere umano. Abbiamo visto la povertà e la morte, l'uccisione e la barbarie, i lati più oscuri dell'animo umano, le parti più odiose della nostra umanità.

Io, come molti americani che hanno prestato servizio in Vietnam e quelli che ora prestano servizio in Iraq e in Afghanistan (e innumerevoli esseri umani nel corso della storia), ero disposto a dare la vita per il mio paese con poca conoscenza o consapevolezza di ciò che significava realmente.

Come molti di voi che si sono arruolati dopo l'11/9, mi sono fidato e ho creduto e non avevo alcun motivo per dubitare della sincerità e delle motivazioni del mio governo. Fu solo  molti mesi dopo essere stato ferito, e mentre ero ricoverato in un ospedale per veterani a New York, che cominciai a chiedermi se io e gli altri eravamo andati a quella guerra per niente.

Cambiare non è facile, e opporsi al proprio governo in tempo  di guerra è spesso molto difficile. Vi è stato insegnato a seguire gli ordini, obbedire e non fare domande, ad andare avanti con il programma e fare esattamente quello che vi viene detto. L'avete imparato nel campo di addestramento. L'avete imparato  il giorno in cui i sottufficiali istruttori hanno cominciato ad urlare contro di voi. Ci sono solo "Sì, signore!" E "No, signore!" E niente in mezzo. Ci sono gli  abusi fisici e verbali, feroci minacce e  contiue molestie per disorientarvi. Si tratta di un processo di condizionamento potente, un processo iniziato molto tempo fa, molto prima che firmassimo quei documenti presso le stazioni di reclutamento delle nostre città di origine, un processo profondamente radicato nella cultura e nella psiche americana, e che ci  ha plasmato e influenzato fin dalla nostra prima infanzia .

Il defunto Dott. Martin Luther King Jr. una volta iscritto al  gruppo Clero e Laici Preoccupati per il Vietnam (Clergy and Laymen Concerned About Vietnam) dichiarò che "arriva un tempo in cui il silenzio è tradimento." King continuò dicendo, "La verità di queste parole è fuori dubbio, ma la missione a cui ci chiamano è più difficile. Anche quando sono pressati dalle esigenze della verità interiore, gli uomini non si assumono facilmente  il compito di contrastare la politica del loro governo, specialmente in tempo di guerra.

"Né  lo spirito umano si muove senza grandi difficoltà contro tutta l'indifferenza del pensiero conformista nell'intimo del suo cuore e nel mondo circostante. Inoltre, quando i problemi a portata di mano sembrano sconcertanti come spesso accade nel caso di questo conflitto terribile, rischiamo sempre di essere affascinati dall'incertezza, ma dobbiamo andare avanti ".

Sono passati più di 40 anni da quando Martin Luther King pronunciò quelle parole davanti ad una folla straripante nella Riverside Church di New York City nel 1967, e le tragiche lezioni del Vietnam continuano a rimanere lettera morta. Gli stessi modelli di guerre, menzogne, aggressione e brutalità continuano a ripetersi. Un altro paese, un'altra occupazione, un altro motivo per l'odio e la paura, ma alla fine è lo stesso crimine che viene commesso più e più volte, gli stessi civili innocenti uccisi, gli stessi giovani uomini e donne che tornano a casa in casse da morto e sacchi e sedie a rotelle.

Abbiamo presentato petizioni al nostro governo  più volte. Abbiamo marciato pacificamente e dimostrato per oltre un decennio, ma le uccisioni e le mutilazioni continuano. Preziose vite continuano ad essere sprecate mentre un'altra generazione di giovani uomini e donne viene gettata via, la nostra ultima sconfitta in politica estera.

I nostri leaders si rifiutano di ascoltare. Si rifiutano di imparare. Quante guerre insensate, bare avvolte da una bandiera, madri in lutto, paraplegici, amputati, figli e figlie stressati, civili innocenti massacrati, prima di decidere finalmente di rompere il silenzio di questa notte vergognosa? Molti di noi hanno sperato e creduto  che il cambiamento sarebbe arrivato, che queste guerre sarebbero finite, e che finalmente saremmo stati ascoltati. Ma non è affatto quello che è successo. Siamo stati indotti  in errore tragicamente.

Siamo stati ingannati e traditi. Ci è stata promessa la pace e ci è stata data la guerra. Ci è stato detto che ci sarebbe stato il cambiamento e nulla sta cambiando. Invece di imparare la lezione dal  fallimento disastroso in Iraq, il nostro governo continua lungo il sentiero della distruzione, della brutalità, dell'aggressività e della guerra, trascinandoci ancora più a fondo in un altro conflitto insensato e inutile in Afghanistan. Le battaglie fisiche e psicologiche delle guerre in Iraq e in Afghanistan imperverseranno per decenni, incidendo profondamente sulla vita dei cittadini in tutti i paesi coinvolti.

Mentre si avvicina il 43° anniversario del mio ferimento in Vietnam, per molti versi sento che il mio infortunio in quella guerra è stato una benedizione sotto mentite spoglie. Mi è stata data la possibilità di muovermi attraverso la notte oscura dell'anima verso una spiaggia nuova, per acquisire una comprensione, una conoscenza, una visione completamente diversa. Ora credo di aver sofferto per una ragione, e in molti modi ho trovato quella ragione nel mio impegno per la pace e la nonviolenza. Noi che abbiamo visto l'oscenità della guerra e vissuto il suo orrore e le conseguenze terribili abbiamo l'obbligo di superare il nostro dolore e la tristezza e trasformare la tragedia della nostra vita in un trionfo.

Sono giunto a credere che non vi è nulla di più terrificante della guerra nella vita degli esseri umani, e nulla di più importante per quelli di noi che hanno fatto l'esperienza di condividere la sua terribile verità.

Arriva un momento in cui un popolo non può più aspettare. Un tempo in cui l'agonia, la sofferenza, sono diventate troppo grandi. Un tempo in cui un popolo deve agire e fare ciò che è necessario. Ci sono delle vite in gioco. Non possiamo più fidarci del presidente o dei politici per porre fine a queste guerre. Non possiamo più credere loro quando dicono che le truppe torneranno a casa presto. Essi hanno da tempo perso la loro credibilità.

Ogni giorno che passa, un'altra vita è persa. Ogni ora che questa guerra si trascina, la necessità di un nuovo audace approccio del movimento contro la guerra diventa sempre più evidente. E' necessaria una leadership audace, creativa, fantasiosa, e non credo che in questo momento ci sia un gruppo più adatto per quel compito, dei veterani del conflitto più recente della nostra nazione.

Alle ore 10 di Giovedi, 16 Dicembre 2010, i veterani di Iraq e Afghanistan, tra cui soldati ora in servizio nelle forze armate degli Stati Uniti, hanno compiuto un drammatico atto  di disobbedienza civile non violenta di fronte alla Casa Bianca a Washington, DC, insieme ad altri coraggiosi  veterani  e cittadini, per protestare contro le guerre in Iraq e  Afghanistan, chiedendo che tutte le truppe siano ricondotte a casa immediatamente e senza indugio. (Clicca qui per saperne di più su questa azione)

Con la speranza che questa azione ed altre simili nei prossimi giorni, possano rappresentare la crescente consapevolezza del popolo americano che solo loro possono porre fine a queste guerre e cominciare a riorientare le priorità della nostra nazione verso obiettivi più positivi e a favore dell'importanza della vita.

Vi scrivo questa lettera oggi per chiedervi di unirvi a loro in quel giorno e nei difficili giorni futuri, per superare con coraggio e grande dignità quella linea che non avete oltrepassato prima ed iniziare ad esercitare quella potente forza morale che voi, come veterani e soldati in servizio attivo, rappresentate; per alzare la voce, protestare, dimostrare, porre fine a queste guerre e rendere il nostro paese un posto migliore.

Questa è la mia speranza.

Questa è la mia preghiera.

Con grande ammirazione e rispetto,

Ron Kovic
Veterano del Vietnam
Autore di "Nato il quattro luglio"

Fonte: TruthDig 31 Dicembre 2010
Traduzione: Dakota Jones

1 commento:

  1. Ciao lupi,
    siete stati premiati
    http://dadietroilsipario.blogspot.com/2011/01/sunshine-award.html

    Ciau
    barbara

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